A fine Settembre è stato pubblicato l’Erasmus Impact Study, uno studio della Commissione Europea che analizza l’impatto del programma Erasmus+ sul mondo del lavoro. Si tratta dell’indagine più vasta mai condotta fino a oggi su questo tema, con un campione di quasi 80mila persone di 34 nazionalità europee, fra studenti, laureati, staff universitario e datori di lavoro.
Le conclusioni sono chiare: i giovani che studiano, fanno tirocinio o scelgono di fare un’esperienza di lavoro all’estero avvalendosi del progetto Erasmus o di altri bandi europei, hanno la metà delle possibilità di affrontare lunghi periodi senza lavoro rispetto ai loro colleghi “non-mobili”. Inoltre, cinque anni dopo la laurea, il tasso di disoccupazione degli ex Erasmus è del 23% più basso. L’esperienza all’estero amplia gli orizzonti degli studenti su diversi livelli, non solo didattico, dunque, ma anche sociale e lavorativo.
Perché le aziende preferiscono gli ex-Erasmus?
Dopo aver visto quali sono le 10 migliori città in cui lavorare all’estero, vediamo quindi perché un esperienza di lavoro in Spagna, Francia, Gran Bretagna, Belgio, Irlanda e gli altri paesi europei, può cambiare la vita di un giovane neo diplomato o neo laureato.
Lo studio della Commissione Europea, riporta numeri e percentuali molto importanti, che la ricerca non si limita a presentare, ma per le quali cerca una motivazione. La quasi totalità dei datori di lavoro, ad esempio, dichiara di privilegiare, al momento dell’assunzione, candidati con tratti della personalità che l’esperienza Erasmus fa accrescere, come l’apertura mentale, la curiosità, la capacità di affrontare nuove sfide e di risolvere situazioni problematiche. Il 64% considera l’esperienza internazionale come un elemento importante su cui basare la scelta di un candidato. Senza contare la rilevanza della componente linguistica.
Lavorare all’estero apre la mente
Detto questo, in media gli ex Erasmus posseggono requisiti di impiegabilità del 70% migliori rispetto ai loro colleghi sedentari. Fra questi spicca la flessibilità, tanto che il 40% del campione ha cambiato la propria nazione di residenza o il proprio lavoro almeno una volta dopo la laurea: una percentuale doppia rispetto a quella di chi sceglie di non fare esperienze all’estero durante gli anni universitari.
È certamente caratteriale la predisposizione alla novità e alla sfida, ma il programma europeo accentuerebbe esponenzialmente queste caratteristiche. Non stupisce perciò che più del 90% degli ex Erasmus dichiari di considerare naturale muoversi all’estero per lavoro. Tanto più se il programma di mobilità cui hanno partecipato aveva come obiettivo un tirocinio: secondo lo studio, infatti, uno studente su tre è stato assunto proprio nell’azienda in cui ha fatto esperienza. Addirittura 1 su 10 ha avviato una propria attività. E vivere all’estero gli parrà ancora più attraente se è il cuore a scegliere, visto che un terzo degli ex Erasmus sembra avere un partner di nazionalità differente rispetto alla propria, e che una percentuale di poco inferiore abbia incontrato la propria anima gemella proprio durante un’esperienza Erasmus.